CESSIONE DEL QUINTO E PIGNORAMENTO DELLO STIPENDIO

Con la seconda circolare vorremmo delineare gli istituti relativi alla cessione del quinto ed il pignoramento dello stipendio limitatamente ai lavoratori subordinati dipendenti da datori di lavoro privati, ricordando il ruolo del datore di lavoro.

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Quest’ultimo assume un ruolo di responsabilità, in quanto mensilmente corrisponde la retribuzione, che in questi casi assume la veste di un credito certo e continuo. Lo stesso vale per il trattamento di fine rapporto, le mensilità differite e altre somme determinate alla cessazione del rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro effettuare una serie di attività che definisco il ruolo assunto, in quanto deve:

– predisporre i certificati di stipendio e dichiarazioni del terzo pignorato;

– effettuare la trattenuta in busta paga, tenendo presente i limiti di trattenuta imposti dalla normativa, il rispetto del criterio temporale in merito alla notifica degli atti;

– corrispondere la somma trattenuta a favore del creditore;

– in caso di pignoramento dello stipendio, deve certificare al creditore la somma

Il datore deve predisporre il certificato di stipendio che attesta:

  • la qualifica, la tipologia di contratto di lavoro e l’anzianità di servizio;
  • l’assenza di provvedimenti che prevedono la sospensione anche temporanea della retribuzione;
  • lo stipendio mensile netto;
  • il trattamento di fine rapporto maturato, rappresenta una garanzia a tutela dell’ente che ha erogato il prestito e rimane “vincolato” fino al termine del contratto di cessione.

Di seguito riportiamo le somme che non possono essere oggetto di pignoramento:

  • i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti;
  • i crediti aventi per oggetto sussidi di sostentamento o garanzia a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.

Ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 180 del 5 gennaio 195014, se la retribuzione subisce una riduzione pari o inferiore ad 1/3 del suo ammontare, il datore di lavoro potrà continuare ad operare la trattenuta dalla retribuzione nella misura stabilita dal cessionario. Se la riduzione è superiore ad 1/3 della retribuzione netta, la trattenuta non potrà eccedere la misura di 1/5 della nuova retribuzione.  In questo caso sarà necessario comunicare alla società finanziaria il motivo che ha determinato la riduzione e chiedere il ricalcolo della rata.

Il Legislatore dispone che è vietato contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno due anni dall’inizio della cessione stipulata per cinque anni o almeno quattro anni dall’inizio della cessione stipulata per dieci anni. Se vi è l’estinzione anticipata della precedente cessione, può essere contratta una nuova purché sia trascorso almeno un anno dall’anticipata estinzione.

In caso di pluralità di cessioni il datore di lavoro deve determinare l’atto che è stato notificato per primo (cfr. art. 1265 c.c.15) e comunicare tale cessione alla società finanziaria che ha notificato la seconda cessione. Il datore può chiedere prova dell’avvenuta estinzione della prima cessione, se non fornita si consiglia all’azienda di non determinare la nuova cessione. Il criterio cronologico vale anche per i pignoramenti.

In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore dovrà trattenere, ogni somma maturata dal dipendente presso l’azienda, ovvero, eventuali altri emolumenti come ad esempio l’ultimo stipendio, la tredicesima, ecc, ed il trattamento di fine rapporto.

Per quanto concerne l’istituto del pignoramento, il datore di lavoro deve inviare al creditore, entro 10 giorni dalla notifica (art. 543 c.p.c), la dichiarazione con l’ammontare della retribuzione e se vi sono sequestri e cessioni. In mancanza, il datore dovrà presentarsi personalmente o tramite il proprio difensore davanti al giudice, in modo da fornire la sua dichiarazione. Dopo aver ottenuto la dichiarazione positiva del terzo, il giudice assegna i crediti del debitore al creditore e da questo momento il datore di lavoro deve procedere col versamento della quota pignorata.  

Per determinare la quota pignorabile dello stipendio si deve considerare lo stipendio al lordo di eventuali cessioni del quinto, prestiti, pignoramenti e al netto delle ritenute fiscali e contributi. Inoltre, sono presenti delle somme che non possono essere oggetto di pignoramento o cessione del quinto quali gli assegni familiari, le somme erogate o trattenute in seguito ad assistenza fiscale ed il trattamento integrativo.

I debiti sono classificati in:

  • debiti ordinari, ovvero, presiti concessi e non rimborsati. Il creditore può essere una banca, un privato o una finanziaria e la quota massima pignorabile è pari a 1/5 del reddito mensile.
  • debiti esattoriali, mancato pagamento di cartelle esattoriali, il creditore è una Pubblica Amministrazione e il soggetto procedente è un agente di riscossione.

La quota pignorabile è pari ad:

  1. 1/10 dello stipendio se l’importo non supera euro 2500;
  2. 1/7 dello stipendio se l’importo non supera euro 5000;
  3. 1/5 dello stipendio se l’importo è superiore ad euro 5000.
  4. debiti alimentari: si tratta di assegni di mantenimento per il coniuge o per i figli determinati dal giudice.

Il datore di lavoro dovrà certificare al creditore pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate nell’anno entro i termini previsti per la certificazione unica ed indicare nel proprio modello 770 i dati relativi al debitore e al creditore, oltre alle somme e alle ritenute effettuate. Ricordiamo che tale obbligo avviene se ricorrono i seguenti presupposti: il terzo è un sostituto di imposta, il creditore pignoratizio è un soggetto Irpef ed il credito si riferisce a somme per cui è prevista la ritenuta alla fonte.

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