CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE

Il rapporto di lavoro intermittente, o a chiamata, è una tipologia contrattuale, anche a tempo determinato, con la quale il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo (artt. 13 e seguenti del D.Lgs. 81/2015).

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Le parti possono stipulare tale contratto di lavoro in base ad uno dei seguenti elementi:

  • ad una previsione della contrattazione collettiva;
  • ad un’attività definita discontinua prevista nel Regio Decreto n. 2657/1923;
  • del requisito anagrafico del lavoratore indipendentemente dall’attività lavorativa, e quindi soggetti con meno di 24 anni di età o con più di 55 anni di età.

Inoltre, il contratto intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. Il datore di lavoro dovrà verificare il numero di chiamate effettuate nei tre anni precedenti, ovvero il calcolo inizia considerando l’ultimo giorno di lavoro effettivo e si procede “a ritroso” per gli ultimi 3 anni. In caso di superamento del predetto periodo il contratto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Tale vincolo di durata non è previsto per i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Il ricorso al lavoro intermittente è vietato nelle seguenti ipotesi:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24 della Legge n. 223, del 23 luglio 1991), che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a chiamata;
  • ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

In caso di utilizzo di un lavoratore intermittente, in violazione dei suindicati divieti, è prevista la conversione del contratto in un ordinario rapporto di lavoro subordinato. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto, con la lettera circolare n. 49 del 15 marzo 2018, fornendo alcune precisazioni in merito alla mancanza del DVR, quale: “la violazione della norma imperativa di cui all’art. 14, comma 1, lett. c) consegue la trasformazione del rapporto di lavoro in un rapporto subordinato a tempo indeterminato che normalmente, in ragione del citato principio di effettività delle prestazioni, potrà essere a tempo parziale”.

Il Legislatore prevede, oltre a determinati elementi che devono essere presenti nel contratto di lavoro, l’obbligo da parte del datore di lavoro di effettuare tre comunicazioni per l’instaurazione del rapporto a chiamata:

  • indicare, nel contratto di lavoro, la modalità con la quale il datore di lavoro chiede, al lavoratore, l’effettuazione della prestazione lavorativa. La modalità può essere prevista dalla contrattazione collettiva o in mancanza saranno le parti a definirla, tenendo presente che il preavviso di chiamata del lavoratore non potrà essere inferiore a un giorno lavorativo (articolo 15, del D.Lgs. 81/2015);
  • comunicare l’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni al Ministero del Lavoro. Le modalità sono diverse: on-line dal sito www.cliclavoro.gov.it; sms (esclusivamente in caso di prestazione da rendersi non oltre le 12 ore dalla comunicazione); posta elettronica: intermittenti@pec.lavoro.gov.it (anche tramite posta ordinaria); fax all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente (solo in caso di malfunzionamento dei sistemi di trasmissione informatici);
  • comunicare con cadenza annuale (o quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva), alle RSA o RSU il numero di contratti intermittenti stipulati durante l’anno.

In caso di mancata comunicazione di annullamento o di rettifica porterà al pagamento degli obblighi retributivi, contributivi previsti in caso di prestazione e viene applicata la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. La comunicazione tardiva della chiamata non esclude l’applicazione della sanzione amministrativa per omessa comunicazione.

Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione lavorativa, il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate (art. 13, comma 4, D.Lgs. 81/2015). In quest’ultimo caso al lavoratore spetta l’indennità di disponibilità che viene determinata dai contratti collettivi e, ad ogni modo, non può essere inferiore al 20% della retribuzione ordinaria. Inoltre, tale indennità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.

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