CONTRATTO A TERMINE

Il contratto di lavoro a termine, o contratto a tempo determinato, è una tipologia contrattuale che permette, per sua natura, la gestione flessibile della forza lavoro. Il datore di lavoro, avvalendosene, evita di vincolarsi a tempo indeterminato con il lavoratore subordinato.

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Il legislatore è spesso intervenuto nella disciplina di tale fattispecie, contenuta nel D.Lgs. 81/2015 successivamente modificata dal D.L. 87/2018, ampliando o restringendo, di volta in volta, i vincoli a cui il datore deve attenersi. Brevemente vale la pena ricordare che:

  1. sono previsti specifici limiti quantitativi di contingentamento, stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
  2. è stabilita una durata massima, a parità di livello e categoria legale, di 24 mesi;
  3. la stipula del primo contratto di durata inferiore a 12 mesi è “acausale”. Per poter stipulare o prorogare un contratto la cui durata ecceda i 12 mesi, così come nel caso del rinnovo, è necessario apporre una delle specifiche causali previste dal legislatore;
  4. viene concessa la possibilità, una volta raggiunti i 24 mesi, di stipulare presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro un ulteriore contratto in deroga assistita di massimo 12 mesi;
  5. sono concesse un massimo di quattro proroghe;
  6. in caso di rinnovo è necessario rispettare il c.d. stop&go che può essere di 10 o 20 giorni a seconda se il precedente contratto a termine ha avuto una durata, rispettivamente, inferiore o superiore a 6 mesi;
  7. è vietato il ricorso del lavoro a termine al verificarsi di determinate condizioni (es. in unità produttive che ricorrono agli ammortizzatori sociali che interessano mansioni uguali a quelle del contratto a termine) o per determinate esigenze (es. per la sostituzione di lavoratori in sciopero).

La normativa emergenziale, nell’ultima versione attualmente in vigore, emanata per fronteggiare la crisi causata dalla pandemia Covid-19, ha derogato ad alcune previsioni normative, in sintesi:

  1. i datori di lavoro possono prorogare o rinnovare i contratti di lavoro a termine anche se gli stessi hanno sospeso o ridotto l’attività lavorativa con ricorso agli ammortizzatori sociali previsti dal D.L. 18/2020, a patto che tali lavoratori fossero in forza alla data del 23 marzo 2021;
  2. è possibile, solo fino al 31 dicembre 2021, rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle causali e senza il rispetto del c.d. stop&go ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi;
  3. il termine del 31 dicembre 2021 è riferito esclusivamente alla formalizzazione della stessa proroga o del rinnovo (e quindi non alla data di scadenza della proroga o rinnovo);
  4. è possibile adottare la nuova proroga o il rinnovo “agevolato” anche qualora il medesimo rapporto di lavoro sia stato prorogato o rinnovato in applicazione dei previgenti decreti, sempre nel rispetto del limite di durata massima di 24 mesi.

Ciò detto si vuole concentrare l’attenzione su due aspetti: il primo legato alla possibilità di stipulare un contratto a termine, con lo stesso lavoratore, per un inquadramento contrattuale differente rispetto al precedente rapporto; il secondo legato alla possibilità della deroga assistita.

Su entrambi i temi si è pronunciato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la recentissima nota 804/2021.

Con tale documento l’INL ricorda che “l’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 ai fini del calcolo della durata massima dei contratti a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore fa comunque espresso riferimento allo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale”. In altre parole, una successione di contratti con inquadramenti diversi fa “ripartire” il contatore dei 24 mesi. Sul punto però l’Ispettorato è molto attento, il documento infatti ricorda che “laddove la successione di contratti susciti perplessità e sorgano dubbi in merito alla diversità di inquadramento del lavoratore assunto a termine, l’Ispettorato territoriale possa promuovere l’intervento ispettivo al fine di verificare in concreto se la sottoscrizione di successivi e reiterati contratti a termine tra il medesimo lavoratore e il medesimo datore di lavoro sia conforme a quanto previsto dalla legge”, con il rischio quindi di conversione del rapporto a tempo indeterminato. Anche in tale caso deve essere rispettato il c.d. stop&go e deve essere indicata la causale giustificatrice il rinnovo.

Proseguendo nella lettura della nota citata in precedenza, riferendoci all’istituto della deroga assistita, si rinviene il principio secondo cui “la particolare procedura ivi prevista si applica solo nell’ipotesi in cui tra lo stesso datore di lavoro e il medesimo lavoratore si sia “consumata” la durata massima prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva ex art. 19, comma 2 ed alle medesime condizioni di tali disposizione, ossia che anche l’ulteriore contratto in deroga assistita comporti lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. Per tale motivo, nel caso in cui le parti sottoscrivano un nuovo contratto che preveda un diverso inquadramento rispetto al precedente, non vi è necessità di avvalersi di tale procedura poiché ripartono i 24 mesi.

È interessante notare, in conclusione, come il legislatore, in un momento particolare di crisi del mercato del lavoro, sia intervenuto per allentare i vincoli posti a suo tempo dal c.d. Decreto Dignità, senza affrontare in maniera strutturale, e con una visione di medio-lungo termine, le rigidità attualmente vigenti. Quest’ultime determinano delle criticità di utilizzo non indifferenti si pensi, a titolo esemplificativo, alla questione dell’apposizione delle causali.

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